Negli ultimi anni vediamo sempre più spesso situazioni in cui al locatore di un immobile non viene corrisposto il regolare canone mensile, complice sicuramente la situazione economica del conduttore. Che fare in questi casi? Quali sono gli adempimenti più consoni per evitare l’imposizione fiscale del corrispettivo non riscosso? Come usufruire delle agevolazioni relative al credito d’imposta riconosciuto dalla Legge?
La locazione può interessare due tipologie di immobili:
abitativi
commerciali
La tassazione avviene qualificando la stessa come reddito fondiario (art. 26 del Tuir) da indiare a quadro B del modello 730 o RB del modello redditi; il presupposto della tassazione non è il percepire o meno la locazione, ma la proprietà dell’immobile.
Locazioni di immobili abitativi
Si premette che la regola generale, così come prevista dall’art. 26 c.1 del Tuir definisce che i redditi fondiari sono imputati indipendentemente dalla loro percezione; non rileva pertanto il canone effettivamente percepito, ma l’ammontare di esso come previsto dal contratto per il periodo d’imposta di riferimento.
Come indicato nella Circolare 11/E/2014, l’importo da assoggettare a Irpef è costituito dal canone di locazione fin tanto che il contratto rimane in essere e solo a seguito di risoluzione dello stesso il reddito va determinato sulla base della rendita catastale.
Sempre l’art.26 del Tuir stabilisce inoltre che i redditi da locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del processo giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
Tale affermazione è stata chiarita nella C.M. 150/E/1999 che dispone che il contribuente possa dichiarare il reddito fondiario in luogo del canone di locazione nel momento della conclusione del procedimento di convalida di sfratto e decorre dal momento della conclusione di tale procedimento, che si realizza quando il conduttore moroso non compare o, pur comparendo, non si oppone (art. 663 c.p.c.) ovvero in caso di opposizione dello stesso (art. 665 c.p.c.).
Al verificarsi di tali condizioni, il giudice convalida lo sfratto e dispone l’esecutività della stessa.
Ancora l’art.26 del Tuir ammette, nel caso sopracitato, il riconoscimento di un credito d’imposta pari all’importo delle imposte versate sulle locazioni, ancorché non percepite.
È la C.M. 150/E/1999 che stabilisce la modalità di determinazione di tale credito: è infatti necessario riliquidare le dichiarazioni reddituali di ciascuno degli anni per i quali sono state pagate le maggiori imposte; la differenza tra quanto effettivamente versato e quanto da versare costituisce tale credito. Il contribuente ne godrà nel quadro G del modello 730.
Tale opportunità è data anche in caso di reddito assoggettato a cedolare secca.
Locazioni di immobili non abitativi
In caso di locazione di immobili commerciali (non abitativi), è la stessa Circolare 11/E/2014 a determinare che:
il canone deve essere sempre e comunque dichiarato nella misura in cui risulta nel contratto di locazione, a prescindere dal percepimento dello stesso, fino a che non viene risolto;
le imposte versate per i canoni non percepiti non possono essere recuperate (come per gli immobili abitativi) quali credito d’imposta.
Pertanto, solo la effettiva risoluzione del contratto permette al proprietario locatore la non imponibilità del canone di locazione, riportandone a tassazione solo la rendita catastale, ancorché sia iniziato il procedimento di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
Fonte: Rita Martin – Centro Studi CGN
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